Albert Einstein (1879 - 1955) nel 1906 ha elaborato la teoria della Relatività Ristretta, che postula la costanza della velocità della luce (299.792 km/s) rispetto a un qualunque osservatore, indipendentemente da come e quando si effettui la misurazione e dal moto relativo della sorgente e dell'osservatore. Ne consegue che la lunghezza, la massa e il tempo, misurati separatamente, non sono grandezze assolute ma relative all'osservatore che le misura: quando l'osservatore si muove, porta con sé il proprio spazio e il proprio tempo.
Chiariamo il concetto di “relativo all'osservatore” con un esempio.
Mi trovo su un treno che sta per partire. Nel binario accanto c'è un treno fermo. Improvvisamente lo vedo muoversi: è il mio treno che è partito e l'altro è ancora fermo o, viceversa, io sono fermo ed è l'altro treno che è partito? Non è possibile stabilirlo senza altri punti di riferimento (la stazione, una segnaletica, ecc.).
Per calcolare la variazione della lunghezza, del tempo o della massa in un sistema di riferimento in moto relativo si usa un coefficiente γ, chiamato fattore di Lorentz:
Si noti che γ non è mai minore di 1.
Con la teoria della Relatività Generale del 1917 si introduce un nuovo concetto: lo spazio-tempo quadridimensionale.
L'universo, ha 4 dimensioni: lunghezza, larghezza, profondità e tempo, perciò non esistono più lo spazio e il tempo assoluti e indipendenti, ma uno spazio-tempo dove non c'è un sistema di riferimento privilegiato.
Il tempo è del tutto equivalente alle tre dimensioni spaziali, non è assoluto e risente dell'effetto della velocità e della gravità. Parlare di un tempo universale, invariante e assoluto, non ha più senso in fisica.
Velocità
Il tempo, secondo Einstein, è strettamente collegato alla velocità della luce: un corpo subisce una dilatazione temporale, cioè si misura un rallentamento del tempo man mano che si avvicina alla velocità della luce, secondo la formula che vediamo nel grafico.
Se il corpo raggiungesse tale velocità il tempo si arresterebbe: un secondo diventerebbe infinitamente lungo. Viceversa, per un corpo a riposo la dilatazione temporale è nulla (Δt' = Δt) ed è comunque trascurabile quando v non è prossima a c.
Poiché √(1 - v2/c2) è sempre minore di 1, ne deduciamo che Δt' > Δt, quindi l'intervallo tra due eventi appare maggiore per un osservatore immobile sulla Terra rispetto a quello rilevato da un osservatore in moto. Di conseguenza, un orologio in movimento rispetto a un osservatore, risulta a lui più lento di un orologio a riposo.
Per semplicità di scrittura, anche se imprecisa, nelle prossime pagine useremo questa formula, dove Δ è stato eliminato:
Al posto di t’ abbiamo messo t0 e questo fa apparire la formula rovesciata rispetto alla precedente. Tale operazione, però, consente di ottenere direttamente il valore della dilatazione temporale. Infatti, per calcolare il tempo dilatato, non si deve moltiplicare il tempo dell'oggetto in quiete per il fattore γ (1/√(1 - v2/c2)), ma per γ-1. Questo vale anche per la contrazione delle lunghezze.
Nell'esposizione incontrerete i termini: tempo proprio e improprio.
Si definisce tempo proprio quello misurato con un solo orologio, cioè quello in cui l'osservatore è solidale con l'evento da misurare e non si muove nello spazio.
Il tempo improprio è quello misurato da due orologi, poiché l'evento si verifica lontano dall'osservatore, in un altro spazio-tempo.