La pioggia e la neve
Le goccioline d'acqua presenti nelle nubi sono molto piccole perciò restano sospese in aria o scendono così lentamente da evaporare prima di giungere al suolo. Perché si formi la pioggia è perciò necessario che le goccioline aumentino sensibilmente le loro dimensioni e ciò può avvenire secondo due meccanismi.
Il primo meccanismo, di sublimazione (processo di Bergeron), riguarda le nubi "fredde". Le nubi cumuliformi delle regioni temperate hanno una temperatura bassa, ma l'acqua pura delle nubi non congela a 0 °C ma molto al di sotto e perciò si trova facilmente soprafusa o surraffreddata. Essa congela rapidamente se viene agitata o se incontra particelle solide come i germi di ghiaccio, che nell'atmosfera sono molto scarsi, ma possono formarsi per brinamento nella parte sommitale della nube, dove la temperatura è molto bassa.
Quando l'aria è satura di vapore si mostra soprasatura rispetto al ghiaccio, il quale perciò tende a consumare il vapore acqueo circostante diminuendo l'umidità relativa; le goccioline di conseguenza evaporano fornendo continuamente vapore per il ghiaccio che cresce. Il cristallo di ghiaccio si accresce inoltre durante la discesa con gli urti con le goccioline.
Quando i cristalli sono sufficientemente grandi, scendono al suolo formando i fiocchi di neve che presentano una forma esagonale, prismatica o piatta. Se la neve attraversa strati con temperatura di poco superiore a 0 °C, fonde parzialmente, provocando l'unione di molti cristalli con formazione di fiocchi grandi. Se invece la temperatura è di parecchio inferiore allo zero si hanno precipitazioni nevose in forma pulverulenta.
Quando la temperatura al suolo è di 3-4 °C i fiocchi si sciolgono e si forma la pioggia. Se la pioggia è minutissima, con gocce finissime e vicine tra loro, si chiama pioviggine. Le stesse modalità di formazione delle nubi si possono riferire anche alle piogge. Abbiamo quindi pioggia ciclonica, tipica delle medie latitudini, pioggia di convezione, nelle regioni tropicali e pioggia orografica.
Il secondo meccanismo, detto di coalescenza riguarda la nubi "calde". Nelle nubi dove non è presente ghiaccio, nelle zone tropicali, si formano le prime goccioline con nuclei di condensazione grandi o cristalli di sale che, essendo igroscopico attira il vapore. La turbolenza dell'aria fa scontrare e fondere le piccole gocce (coalescenza), finché non raggiungono il peso sufficiente da farle cadere; maggiore è la turbolenza e più grandi sono le gocce. Durante la discesa inglobano le goccioline più piccole finché non sono più sostenute dal peso dell'aria.
La piovosità, espressa in cm o mm è misurata con il pluviometro. Le linee curve che uniscono i punti con la stessa quantità di precipitazioni mensile o annua si dicono isoiete.
La distribuzione delle precipitazioni non è uniforme. Osservando le isoiete medie annue si distinguono quattro zone caratterizzate da regimi di piovosità diversi.
Nelle zone equatoriali la piovosità è elevata durante tutto l'anno, mentre nelle aree tropicali la piovosità è concentrata in alcuni periodi dell'anno; alle medie latitudini la piovosità è molto variabile perché influenzata da molteplici fattori; nelle zone polari le precipitazioni sono scarse e generalmente nevose.
Per quanto riguarda l'Italia, nelle zone alpine piove maggiormente d'estate; nella Pianura Padana piove prevalentemente in primavera e autunno, mentre nelle zone meridionali sono più frequenti le piogge invernali.
La grandine
La grandine è la precipitazione di masserelle subsferiche di ghiaccio. Essa si forma nelle nubi a grande sviluppo verticale come i cumulonembi dove le gocce di pioggia, portate in alto dalle correnti ascensionali, congelano formando cristalli di ghiaccio che per il peso scendono. Nella discesa si accrescono grazie alle goccioline soprafuse. La turbolenza trascina più volte in alto la pallina di ghiaccio e ad ogni giro si forma uno strato di ghiaccio che la fa ingrandire fino a cadere.