Il Neozoico, che ha ripreso il vecchio nome di Quaternario, va da 2,6 milioni di anni fa fino ad oggi e comprende il Pleistocene (2,6 m.a. 11.700 anni fa) e l'Olocene, gli ultimi 11.700 anni, quando c'è stato il ritiro dei ghiacciai. Per convenzione, però, lo si fa iniziare 10.000 anni fa.
Come precisato nelle pagine precedenti, lo consideriamo un'era e non il terzo periodo del Cenozoico.
Eventi geologici
I continenti e i mari, nel corso dell'era, assumono la posizione e le caratteristiche morfologiche attuali. Questo è dato dal continuo sollevamento della catena alpino-himalayana e delle Ande, ancora in atto, e soprattutto da movimenti di abbassamento e innalzamento di ampie aree a causa dell'accumulo o scioglimento dei ghiacciai (isostasia) e da un'intensa attività vulcanica. Vale la pena ricordare il vulcanesimo basico in Islanda, dato dall'emersione della dorsale oceanica e, per quanto riguarda l'Italia, tutti i crateri che oggi sono occupati da laghi (Bolsena, Vico, Nemi, Bracciano, ecc.) e i vulcani attivi del meridione, in particolare l'Etna e il Vesuvio. Le ampie oscillazioni del livello marino hanno esposto o sommerso intere regioni, con creazione di ponti o l'isolamento di alcune regioni. Citiamo solo le principali modifiche più vicine a noi: la separazione della Gran Bretagna dal continente, La Sardegna e la Corsica si staccano dalla Francia e si portano al centro del Tirreno, la Sicilia si isola dall'Africa.
L'avanzare e il ritirarsi dei ghiacciai ha prodotto importati fenomeni di deposizione in area continentale, come le colline moreniche attorno ai grandi laghi dell'Italia settentrionale, frutto dell'intensa erosione glaciale, con formazione di vallate a U e i depositi alluvionali nelle depressioni. L'intensa erosione eolica ai bordi dei ghiacciai ha prodotto i depositi eolici (löss) in varie parti del mondo e soprattutto nelle zone aride e steppose della Cina. Meno rilevanti sono i depositi marini.
Eventi climatici
Il Pleistocene è definito l'Era dei ghiacciai a causa dell'estensione delle calotte glaciali - oltre il 30% della superficie terrestre - fino a basse latitudini. Giunsero, infatti, mediamente fino al 40° parallelo. Per l'Italia il limite è quello dei grandi laghi settentrionali (Garda, Maggiore, ecc.) che hanno proprio un'origine glaciale.
Non dobbiamo pensare a un unico periodo ghiaccio persistente, ma si ha un susseguirsi di glaciazioni e periodi a clima più mite (Periodo interglaciale), con 1-2 °C sopra l'attuale. Si possono distinguere 5 glaciazioni principali (in realtà il numero varia secondo le località): Donau (1.500.000 - 1.000.000), Günz (650.000 - 500.000), Mindel (400.000 - 300.000), Riss (200.000 - 120.000), Würm (75.000 - 10.000). Alcuni autori ne riconoscono 11 o addirittura 17.
Già nell'era precedente la formazione della corrente circumpolare antartica e la chiusura dell'istmo di Panama avevano portato a un abbassamento generale delle temperature. A questi eventi si devono aggiungere altre cause per spiegare un fenomeno di tale portata. Le ipotesi sono molteplici, ma prevale un'origine astronomica.
Secondo l'ipotesi formulata nel 1941 dall'ingegnere, matematico e climatologo serbo Milutin Milanković (1879 - 1958), ha influenza rilevante sul clima la variazione della radiazione solare dovuta a 3 parametri periodici relativi all'orbita terrestre:
MOTO MILLENARIO | FAVORISCE LA GLACIAZIONE | |
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1 | Precessione lunisolare e spostamento della linea degli apsidi che determinano la precessione degli equinozi | Solstizio estivo che avviene con la Terra in afelio |
2 | Variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre | Valore massimo dell'angolo tra asse terrestre ed eclittica |
3 | Variazione dell'eccentricità dell'orbita | Orbita terrestre con il massimo di eccentricità |
Quando gli effetti di questi eventi si sommano - e ciò avviene ogni circa 100.000 anni - si ha il picco di volume ed estensione dei ghiacciai.
Recenti indagini, però, hanno rilevato che la glaciazioni si manifestano contemporaneamente su entrambi gli emisferi e questo non è spiegabile con quest'ipotesi. Inoltre non spiega l'inizio e la fine dell'era glaciale del Pleistocene, né è applicabile alle glaciazioni delle precedenti ere geologiche.
Sono state allora invocate altre ipotesi. Variazione della composizione atmosferica, in particolare la concentrazione di gas serra, come il metano e l'anidride carbonica; l'influenza gravitazionale combinata di Venere e Giove; il rallentamento della circolazione delle correnti oceaniche nell'area antartica collegata alla variazione della salinità dell'acqua, le variazioni dell'attività solare, le eruzioni vulcaniche. Una teoria completa purtroppo non esiste ancora.
Conseguenza delle fasi glaciali è stato un generale abbassamento del livello marino fino a valori di oltre -100 m rispetto all'attuale. Nelle calotte, infatti, venivano immobilizzate grandi quantità di acqua in ghiacciai con uno spessore che poteva raggiungere anche 3000 m. In Italia la linea di costa dell'Adriatico arrivava fino ad Ancona e qui giungeva il Po poiché ampie aree di fondale rimanevano scoperte. Ciò permetteva la migrazione della fauna, con uno scambio continuo fra quella europea e africana.
Nelle fasi interglaciali lo scioglimento delle calotte provocava enormi inondazioni che trasportavano grandi quantità di detriti che andavano a colmare i golfi. Per esempio, la Pianura Padana veniva ricoperta completamente dal mare il quale depositava centinaia di metri di sedimenti.
Eventi biologici
Le continue oscillazioni climatiche quaternarie non potevano non avere effetti sulla flora e soprattutto sulla fauna, come migrazioni e adattamenti evolutivi per resistere al gelo.
Gli animali e le piante migrano e si distribuiscono seguendo le fasi glaciali. Questo riguarda soprattutto l'America perché le catene montuose sono disposte lungo i meridiani e quindi non rappresentano un ostacolo agli spostamenti. Nell'area euroasiatica, invece, le catene montuose sono disposte lungo i paralleli e questo ha determinato una separazione della flora e della fauna tra la zona fredda a nord e quella calda a sud, con conseguente estinzione di diverse specie e adattamenti specializzati per altre.
Le piante non hanno subito particolari adattamenti e si sono limitate a seguire le fasi climatiche, spostandosi lungo i paralleli, così specie di clima freddo si sono spinte a latitudini più basse durante le glaciazioni e quelle di clima caldo sono risalite nell'interglaciale.
Diversa è la situazioni per gli animali. Oltre alle migrazioni, sono comparse specie di grandi dimensioni, proprie di climi freddi: una corporatura massiccia e una folta pelliccia limitano la dispersione del calore. Ricordiamo il Mammut (Elephas primigenius), il Rinoceronte lanoso (Rhinoceros tichorhinus), l'Orso delle caverne (Ursus spelaeus), il Bisonte (Bison primigenius) e specie più piccole come lo Stambecco, il Camoscio, la Renna, il Capriolo.
Nelle fasi più calde migravano a nord il gigantesco Elefante antico (Elephas antiquus), l'Ippopotamo (Hippopotamus amphibius maior), ecc. seguiti dai loro predatori come la Tigre dai denti a sciabola (Smilodon) e il Leone delle caverne (Panthera spelaea).
Alcune specie che, per l'aumento del livello marino, rimanevano confinate nelle isole hanno subito invece una riduzione delle dimensioni a causa della scarsità di risorse alimentari. Ne sono esempi l'Elefante nano di Sicilia (Palaeoloxodon falconeri), l'Ippopotamo nano del Madagascar (Hippopotamus lemerlei) e anche Homo floresiensis dell'Indonesia.
In quest'era si sono diffuse anche varie specie di Equidi, di Proboscidati come il Mastodonte e Cervidi come il Megaloceros giganteus.
Anche nell'America meridionale si trovavano specie giganti come il Megatherium, una specie di Bradipo gigantee il Glyptodon, un tipo di Armadillo gigante.
Per quanto riguarda gli Uccelli, nelle fasi interglaciali sono comparse forme enormi, incapaci di volare ma abili corridori, come il Moa (Dinornis), in Nuova Zelanda, uccello alto 4 metri estinto a causa dell'uomo nel XVII secolo e il gigantesco Struzzo (Aepiornis) del Madagascar, alto fino a 3 metri, estinto nel XVI secolo, probabilmente per fattori umani.
Ricordiamo anche il Pinguinus (Alca) impennis, un pinguino alto fino a 85 cm, estinto alla fine XIX secolo, presente nell'Italia meridionale.
Alla fine del Pleistocene si sono estinte tutte le forme gigantesche e non solo a causa del cambiamento climatico. L'uomo, diffuso ormai in tutto il globo - l'Olocene è l'Era dell'Uomo -, ha contribuito con la caccia alla loro scomparsa, comprese alcune specie sopravvissute in epoca storica.